martedì 31 marzo 2015

Paolo e Francesca


Paolo e Francesca


Le due famiglie dei da Polenta da Ravenna e dei Malatestada Rimini erano tra le più rinomate della Romagna e dopo una serie di scontri esterni e di instabilità politica interna decisero di allearsi unendo in matrimonio i loro figli.
Il patto venne suggellato da un matrimonio che coinvolse la giovane Francesca da Polenta e il più anziano, zoppo e rozzo, Gianciotto Malatesta. Per guadagnare l'approvazione della giovane a questo matrimonio, la tradizione, che risale a Giovanni Boccaccio (e al suo commento pubblico alla Commedia dettato tra il 1373 e il 1375), dice che sia avvenuto per procura, dove il procuratore fu il più giovane e aitante fratello di Gianciotto, Paolo Malatesta, del quale Francesca si invaghì per un malinteso, credendo che fosse lui il vero sposo, anche se ciò non poteva essere possibile perché Francesca sapeva benissimo che Paolo era già sposato. Si aggiungono poi al quadro narrativo tradizionale la figura del brutto e crudele Gianciotto, fino al maligno servo che spiava i due amanti (aggiunta romantica, non citato da Dante) e poi il tragico e noto finale del duplice omicidio degli amanti.



Paolo e Francesca - Marie Philippe Coupin  1812


In realtà, secondo la vera documentazione storica dei fatti, sono pochi i dati veramente riscontrabili: i dati anagrafici dei protagonisti e la loro discendenza (una figlia di Francesca e Gianciotto, due figli di Paolo). Non vi è traccia né della relazione adulterina né del fratricidio-uxoricidio. Pare infatti che l'alleanza tra le due famiglie fosse così vantaggiosa per entrambe, grazie a strategie politico-dinastiche complementari, che il fatto di sangue diventò un fatto da mettere a tacere il più presto possibile. Non si sa per esempio dove sia accaduto realmente il duplice omicidio: alcune ipotesi indicano il Castello di Gradara, ma si tratta solo di congetture. Altre ipotesi parlano della Rocca di Castelnuovo presso Meldola.

 «Amor, ch’al cor gentil ratto s’apprende,
prese costui de la bella persona
che mi fu tolta; e ‘l modo ancor m’offende.
Amor, ch’a nullo amato amar perdona,
mi prese del costui piacer sì forte,
che, come vedi, ancor non m’abbandona.
Amor condusse noi ad una morte.
Caina attende chi a vita ci spense»

(Inferno V, 100-107)



Paolo e Francesca - Vitale Sala 1823



La storia di Paolo e Francesca

C’era una volta una nobile fanciulla chiamata Francesca…
Potremmo iniziare così il nostro racconto, ma non è una favola, bensì una storia vera.
Paolo e Francesca sono due personaggi realmente esistiti e non figure romantiche come Giulietta e Romeo nate dalla geniale fantasia di Shakespeare.
Francesca da Polenta era figlia di Guido Minore Signore di Ravenna e Cervia 
“…siede la terra dove nata fui, sulla marina dove ‘l Po discende…..” 
e lì viveva tranquilla e serena la sua fanciullezza , sperando che il padre le trovasse uno sposo gradevole e gentile.
Siamo nel 1275 e Guido da Polenta decise di dare la mano di sua figlia a Giovanni Malatesta (detto Giangiotto Johannes Zoctus – Giovanni zoppo) che lo aveva aiutato a cacciare i Traversari, suoi nemici. Il capostipite, Malatesta da Verucchio detto il Mastin Vecchio o il Centenario, concorda ed il matrimonio è combinato. Fu detto a Guido:

“-…voi avete male accompagnato questa vostra figliuola, ella è bella e di grande anima, ella non starà contenta di Giangiotto… Messer Guido insistette: - Se essa lo vede soltanto quando tutto è compiuto, non può far altro che accettar la situazione”.

Per evitare il possibile rifiuto da parte della giovane Francesca i potenti signori di Rimini e Ravenna tramarono l’inganno.
Mandarono a Ravenna Paolo il Bello “piacevole uomo e costumato molto”, fratello di Giangiotto. Francesca l’aveva visto 
“…fu una damigella di là entro, dimostrato da un pertugio d’una finestra a madonna Francesca, dicendole – madonna, quegli è colui che dee esser vostro marito – e così si credea la buona femmina, di che madonna Francesca incontamente in lui pose l’anima e l’amor suo…”
Francesca accettò con gioia ed il giorno delle nozze, senza dubbio alcuno, pronunciò felice il suo “sì” senza sapere che Paolo la sposava “artificiosamente” per procura ossia a nome e per conto del fratello Giangiotto. “…non s’avvide prima dell’inganno, ch’ essa vide la mattina seguente al dì delle nozze levare da lato a sè Giangiotto…” Pensate alla sua disperazione!


Paolo e Francesca - Alexander Cabanel 1870
 
 

Ma ben presto si rassegnò, ebbe una figlia che chiamò Concordia, come la suocera, e cercava di allietare come poteva le sue tristi giornate. Paolo, che aveva possedimenti nei pressi di Gradara, sovente faceva visita alla cognata e forse si rammaricava di essersi prestato all’inganno!
Uno dei fratelli, Malatestino dell’Occhio, così chiamato perchè aveva un occhio solo “ma da quell’uno vedeva fin troppo bene”, spiando, s’accorse degli incontri segreti tra Paolo e Francesca.
Ed eccoci all’epilogo della nostra storia: un giorno del settembre 1289, Paolo passò per una delle sue solite visite e qualcuno (forse Malatestino “quel traditor”) avvisò Giangiotto.

Quest’ultimo che ogni mattina partiva per Pesaro ad espletare la sua carica di Podestà, che per maggior equanimità non doveva avere appresso la famiglia, per far ritorno a tarda sera, finse di partire ma rientrò da un passaggio segreto e …mentre leggevano estasiati la storia di Lancillotto e Ginevra, “come amor li strinse” si diedero un casto bacio (questo è quello che Dante fa dire a Francesca!) proprio in quell’istante Giangiotto aprì la porta e li sorprese.
Accecato dalla gelosia estrasse la spada, Paolo cercò di salvarsi passando dalla botola che si trovava vicino alla porta ma, si dice, che il vestito gli si impigliasse in un chiodo, dovette tornare indietro e, mentre Giangiotto lo stava per passare a fil di spada, Francesca gli si parò dinnanzi per salvarlo ma… Giangiotto li finì entrambi.
Dante mette gli sventurati amanti all’inferno perchè macchiati di un peccato gravissimo, ma li fa vagare assieme: oltre la pena, che non abbiano anche quella della solitudine eterna. “…io venni men così com’io morisse; e caddi come corpo morto cade”.
Gli sventurati amanti vengono così immortalati da Dante nella Divina Commedia – V canto dell’Inferno.
Nel corso dei secoli poeti, musicisti, letterati, pittori e scultori si sono ispirati alla tragedia di Paolo e Francesca (da Pellico a D’Annunzio, da Zandonai a Scheffer, ecc.) ed ancor oggi la loro storia d’amore, avvolta in un alone di mistero, affascina migliaia di persone.

sabato 28 marzo 2015

L’intensa femminilità nelle tele di Jean Leon Gerome


L’intensa femminilità nelle tele di Jean Leon Gerome


Jean-Léon Gérôme (Vesoul11 maggio 1824 – Parigi28 gennaio 1904) è stato un pittore e scultore francese.
Si oppose al movimento impressionista iniziato da Monet eManet continuando a sviluppare e conservare ilneoclassicismo francese.
Le sue opere sono principalmente di tema storico,mitologico e orientalistico portando la tradizione dell'Impero francese ad un climax.




Jean Leon Gerome - Il bagno
 




Biografia
Nel 1841 si trasferì a Parigi per frequentare l'Académie Julian, dove studiò sotto Paul Delaroche che lo accompagnò in Italia nel 1844-1845. Al suo ritorno lo seguì, come altri allievi di Delaroche, nell'atelier di Charles Gleyre. Nel Salon del 1847 espose l'opera Combat de coqs con la quale si guadagnò la medaglia di terza classe. Questo lavoro fu visto come una summa del movimento neoclassico formatosi fuori




Jean Leon Gerome - Pigmalione e Galatea




dall'atelier di Delaroche e fu difeso dal critico franceseTheophile GautierLa Vierge, L'enfant Jésus et St-Jean,Anacréon e Bacchus et l'Amour presero la medaglia di seconda classe nel 1848. Espose Bacchus et l'Amour ivresIntérieur grecand Souvenir d'Italie, nel 1851Vue de Paestum nel 1852 e Idylle nel 1853.
Partecipò all'Esposizione universale del 1855 conPifferaroGardeur de troupeauxConcert russe e una grande tela rappresentante Le siècle d'Auguste et la naissance de Jésus-Christ. Nel 1854 Gérôme iniziò un viaggio in Turchia e lungo le sponde del Danubio e nel1857 visitò l'Egitto.




Jean Leon Gerome - Bagno moresco




La fama di Gérôme aumentò molto dopo il Salon del 1857, per una serie di lavori che trattavano temi molto più popolari: La Sortie du bal masquéLe Duel de Pierrot,Egyptian Recruits crossing the DesertMemnon and Sesostris e Camels Watering, il disegno che fu criticato daEdmond About.
Ne La morte di Cesare del 1859 Gérôme provò a riprendere un tema più austero, ma il dipinto deluse le aspettative del pubblico. Poi Frine davanti all'AreopagoLe Roi Candaule eSocrate trova Alcibiade nella casa di Aspasia 1861 diedero scandalo per




Jean Leon Gerome - Tanagra 1890




colpa dei soggetti scelti e il suo lavoro fu demolito dalle aspre critiche di Paul de Saint-Victor e Maxime Du Camp. Nel Salon di quell'anno esibì The Egyptian chopping Straw, e Rembrandt biting an Etching, due opere lavorate davvero molto finemente.
Dal 1862 le sue tele conobbero una maggiore diffusione, specialmente a causa del suo matrimonio con Marie Goupil, la figlia di Adolphe Goupil, un editore d'arte rinomato. In quel periodo dipinse numerose




Jean Leon Gerome - Bethsabea




scene storiche come Louis XIV et Molière (1863),Réception des ambassadeurs du Siam à Fontainebleau(1865) e La mort du Maréchal Ney (1868).

Gérôme fu ugualmente un abile scultore. Rétiaire eSagittaire sono due eccellenti statue. I gruppi Gladiateurs, Anacréon, Bacchus et l'Amour, e la statua Omphale (1887),Bellone (1892) (queste sculture, in avorio, metallo e pietre preziose, furono esposte alla Royal Academy of Arts e attirarono molto l'attenzione) e Tanagra sono opere assai notevoli. Egli realizzzò anche una serie di sculture di




Jean Leon Gerome - Bar arabo




conquistatori, lavorati con oro, argento e gemme:Bonaparte che entra al Cairo (1897), Tamerlano (1898) eFederico il Grande (1899). Scolpì inoltre la statua di Enrico d'Orléans che si trova davanti al Chateau de Chantilly(1899).
Nel 1864 Jean-Léon Gérôme diventò professore nell'École nationale supérieure des beaux-arts e fu eletto membro del Istituto di Francia nel 1865.
Gérôme fu anche il maestro di molti pittori tra i quali l'italiano Giuseppe De Nittis e gli americani Mary Cassat eAbbott Handerson Thayer.
Morì nel 1904 e fu sepolto nel Cimitero di Montmartre, Parigi.




Jean Leon Gerome - Harem pool - dettaglio



Gérôme fu a lungo stigmatizzato come l'emblema di uno sterile accademismo, prima che, nel corso degli ultimi decenni, la percezione dell'artista subisse una profonda evoluzione. Ai nostri giorni, Jean–Leon Gérôme è considerato come uno dei grandi creatori di immagini del XIX secolo.
Ogni mostra è l'occasione per affrontare tutte le sfide contenute nella sua opera, a cominciare dalle fonti alle quali l'artista ha attinto fino all'influsso che costui ha




Jean Leon Gerome - Cesare e Cleopatra




esercitato: il posto che Gerôme occupa nella pittura francese del suo tempo, la sua concezione teatralizzata della pittura di storia, il suo complesso rapporto conl'esotismo, l'uso che l'artista fa della policromia nella scultura, il suo ruolo di insegnante, il suo rapporto con i modelli antichi, ma anche il modo in cui la personalità di questo artista è capace di cristallizzare l'intero complesso delle lotte anti accademiche di fine Ottocento e, infine,l'entusiasmo che Gérôme suscita presso il pubblico e presso i collezionisti americani.



Jean Leon Gerome -  [King Candaules] (1859)    





Al di là del fascino immediato che quest'opera sprigiona e del suo essere comprensibile, è proprio la duplice natura di questo tipo d'arte, dotta e popolare al tempo stesso, che porta l'ossessione illusionista fino all'inafferrabile. Il che, ai nostri giorni, rende l'opera stessa così preziosa agli occhi degli storici dell'arte e del grande pubblico.


Jerome oggi - A Parigi, gli appassionati d'arte si dividono fra due mostre antitetiche: le ninfee di Monet al Grand Palais e la grande mostra di Jean-Léon Gérome al museo d'Orsay. Tanto le opere




Jean Leon Gerome - Mercato di schiavi a Roma 




tardive di Claude Monet rasentano il metafisico, l'immateriale, la trascendenza dalla materia ritratta, tanto i quadri del grande `pompier` accademico, nemico degli Impressionisti, sono concreti, spettacolari, cromaticamente sfarzosi, apertamente erotici e spesso centrati sullo spettacolo della violenza.
Gérome, allievo di Delaroche e di Ingres, fu considerato, in pratica, il pittore ufficiale del Secondo Impero. Nella mostra parigina, la prima dedicata a questo artista




Jean Leon Gerome - Phyrne davanti all'aeropago 




reazionario dalla morte di Gérome nel 1904, non poteva mancare il suo Napoleone a cavallo che contempla la Sfinge nel deserto egiziano. Il Settecento e la corte del Re Sole, il mondo dell'antichità greca e i suoi filosofi, i gladiatori al Colosseo, la morte di Giulio Cesare, Napoleone Bonaparte in tutte le salse, la morte del maresciallo Ney: Gèrome usava i pennelli, e la scultura, per raccontare delle storie. Molte produzioni hollywoodiane, da Ben Hur a Il Gladiatore, si sono ispirate alla sua visione iperrealista, densa di sangue, belve feroci e belle donne discinte.
Ma forse è nella veste di pittore orientalista




Jean Leon Jerome - Grande piscina di Brousse (1885)  





che Gérome lascia il suo segno più ricco di visionaria potenza. I suoi interni di moschee, i suoi harem, i suoi paesaggi orientali, i suoi mercati degli schiavi, le sue odalische, i suo cavalieri arabi, i suoi spazi ricoperti di piastrelle decorate di fregi azzurri, sono bagnati da una luce aurea, trasognata. Nei suoi viaggi in Egitto e in Medio Oriente l'austero artista, allora il più famoso di Francia, si lascia andare a una sorta di festa dei sensi e ritrae il mondo che lo circonda senza sentirsi obbligato a trasmettere lezioni di Storia, ma piuttosto delle storie. I leoni e le tigri che abbondano nelle sue tele sono sicuramente un omaggio a Delacroix.
Rapidamente scoperto dai collezionisti americani, oggi molte delle sue opere sono custodite nei musei di Dayton, Minneapolis e Baltimora. A New York collezionisti privati, che si sono innamorati dell'orientalismo quando era ancora relativamente accessibile, negli anni Sessanta,esibiscono opere di Gérome nei loro appartamenti. Nel museo di Amburgo c'è una delle sue tele più enigmatiche. La




Jean Leon Gerome - Il mercato degli schiavi




mostra di Parigi, organizzata assieme al Museo Getty di Los Angeles e al Museo Thyssen- Bornemisza di Madrid, ha opere famose, come `L'Incantatore di Serpenti`, ma forse insiste un po' troppo sui quadri di grandi dimensioni e di facile lettura. C'è anche un Gérome più sommesso ed esoterico, più segreto e ambiguo, ancora più affascinante.
Non si perdonò a Gérome il suo mettersi di traversoall'ascesa di Manet e il suo opporsi all'acquisto da parte dello stato francese dell'opera di Gustave Caillebotte. Fu un anti-modernista convinto, un reazionario monolitico.Fece un abile matrimonio, con la figlia del più grande riproduttore di opere d''arte della seconda metà dell'Ottocento in Francia, Adolphe Goupil, garantendosi la capillare diffusione della sua visione pittorica. Il suo successo ci ha fatto forse dimenticare che fu un ottimo professore all'Ecole Nationale Supèrieure des Beaux Arts, a Parigi. Fu attaccato da Emile Zola per il suo uso della fotografia come ispirazione per le sue tele ma soprattutto per l'invadenza del suo immaginario, riprodotto ovunque. Alla sua morte, nel 1904, le tele di Gérome acquistate dai collezionisti americani avevano perso almeno un terzo del loro valore.


Jean Leon Gerome





Anche se nell'aria gelida di Parigi le code sono molto più lunghe per andare a contemplare le rarefatte e quasi mistiche ultime opere di Monet, la carnalità sensuale, i colori simili a gemme preziose e le storie cinematografiche di Jean-Léon Gerome attirano, in media, cinquemila persone al giorno